Spiegazione semplice e curiosità sul Web3 e cenni alla tecnologia Blockchain
Web1, Web2, Web3: quali sono le differenze?
Il web 1.0 era una superstrada di informazioni e documenti collegati tra loro da collegamenti ipertestuali.
Dal 2004 abbiamo visto l’emergere del web 2.0, dove più persone hanno iniziato a partecipare al web attraverso piattaforme come Facebook, Youtube, Twitter e molti altri. Si è arrivati alla creazione di corporate tecnologiche centralizzate che hanno dominato e dominano tuttora il flusso di informazioni e di denaro sul web (quindi su internet).
Ora siamo al punto di svolta del Web 3.0: un internet decentralizzato ma sicuro, dove gli utenti possono scambiare denaro e informazioni senza la necessità di un intermediario, come una banca o una corporate tecnologica, basato formalmente sulla tecnologia Blockchain.
Web3: cos’è e come siamo arrivati qui
La cosiddetta centralizzazione del web ha unito una moltitudine di utenti all’interno della rete internet e ha creato l’infrastruttura stabile e robusta su cui vive. Allo stesso tempo, una manciata di entità centralizzate hanno costruito una roccaforte su ampie porzioni del mondo internet, con la capacità e la forza di poter decidere unilateralmente cosa dovrebbe o non dovrebbe essere permesso.
Il Web3 è la risposta a questa particolare situazione creatasi. Al posto di una rete monopolizzata dalle grandi compagnie tecnologiche, il Web3 abbraccia la decentralizzazione ed è costruito, gestito e posseduto dai suoi utenti. Il Web3 mette il potere nelle mani degli individui piuttosto che delle corporazioni (scoprite qui se sia del tutto vero oppure no).
Le tre fasi
Web 1.0 (1990-2004)
Nel 1989, al CERN di Ginevra, Tim Berners-Lee era impegnato a sviluppare i protocolli che sarebbero diventati Internet. La sua idea? Creare protocolli aperti e decentralizzati che avrebbero permesso di condividere informazioni da qualsiasi punto della Terra. I prodromi di internet, ora conosciuti come ‘Web 1.0’, si muovono tra il 1990 e il 2004. L’internet del Web 1.0 consisteva principalmente di siti web statici di proprietà di aziende, con quasi zero interazione tra gli utenti – gli individui raramente producevano contenuti – portandolo ad essere conosciuto come il web di sola lettura.
Web 2.0 (2004-oggi)
Il periodo del Web 2.0 è iniziato nel 2004 con l’emergere delle piattaforme di social media. Invece di essere di sola lettura, il web si è evoluto in lettura e scrittura. Invece di fornire contenuti agli utenti, le aziende hanno iniziato a fornire piattaforme per condividere contenuti generati dagli utenti e impegnarsi in interazioni da utente a utente. Con l’aumento delle persone online, una manciata di aziende top ha iniziato a controllare una quantità sproporzionata del traffico e del valore generato sul web. Il web 2.0 ha anche dato vita al modello di revenue basato sulla pubblicità. Mentre gli utenti potevano creare contenuti, non li possedevano o beneficiavano della loro monetizzazione.
Web 3.0 (2020-oggi)
Il Web 3.0 è l’imminente terza generazione di Internet, in cui i siti web e le app sono e saranno in grado di elaborare le informazioni in modo intelligente e simile a quello umano grazie a tecnologie come l’apprendimento automatico (ML), i Big Data, la tecnologia dei libri mastri decentralizzati (DLT), ecc. Il Web 3.0 è stato originariamente chiamato Web semantico da Tim Berners-Lee, inventore del World Wide Web, e mirava ad essere un Internet più autonomo, intelligente e aperto.
La definizione di Web 3.0 può essere ampliata come segue: i dati saranno interconnessi in modo decentralizzato, il che rappresenterebbe un enorme balzo in avanti rispetto alla nostra attuale generazione di Internet (Web 2.0), in cui i dati sono per lo più archiviati in depositi centralizzati.
Cos’è il Web3?
Web3 è diventato un termine comune che identifica la visione di un internet nuovo e migliore. Il suo nucleo utilizza blockchain, criptovalute e NFT per ridare potere agli utenti sotto forma di proprietà. Un post su Twitter del 2020 lo sintetizza al meglio:
web1: read
web2: read / write
web3: read / write / own
Idee di base
Mentre è difficile fornire una definizione rigida di cosa sia il Web3, alcuni principi di base guidano la sua creazione.
- È decentralizzato: invece di grandi porzioni di Internet controllate e possedute da entità centralizzate, la proprietà è distribuita tra i suoi creatori, sviluppatori e utenti.
- È senza permessi: tutti hanno uguale accesso per partecipare al Web3, e nessuno è escluso.
- Fornisce pagamenti nativi: utilizza le criptovalute per spendere e inviare denaro online invece di affidarsi all’infrastruttura bancaria e di gateway di pagamento tradizionali.
- È trustless (“senza fiducia”): opera utilizzando incentivi e meccanismi economici invece di fare affidamento su terze parti fidate.
Web3 e blockchain: solo hype e truffe o progetto utile?
Il Web3 è solo hype o ha senso approfondirlo? C’è tantissimo hype intorno al Web3, forse troppo. Riportare il web nelle mani della gente è una visione totalmente apprezzabile. La realtà è che molte aziende immerse attualmente nel Web3 e le criptovalute che emettono sono controllate da grandi corporate e insider della Silicon Valley.
Gran parte della industry attuale è sostenuta principalmente dalla cosiddetta FOMO (Fear Of Missing Out) e la tecnologia non è ancora completamente supportiva in relazione alla potenza di calcolo necessaria e agli strumenti di condivisione e accesso ai diversi strumenti. Parliamo nello specifico di piattaforme complesse quali quelle fondate sul cosiddetto metaverso, oppure interfacce a wallet DeFi, per ora a stretto appannaggio di early adopter e utenti tecnologicamente avanzati.
Secondo punto: è realmente necessario l’utilizzo di criptovalute all’interno di piattaforme Web3? Tendenzialmente sì, perché i token sviluppati sulla Blockchain garantiscono tutte le essenziali proprietà necessarie al buon funzionamento decentralizzato e trustless di un progetto Web3.
C’è bisogno di una forma di pagamento per costruire una nuova economia e le banche non sono una soluzione accettabile. Tramite la blockchain, inoltre, si può realizzare l’infrastruttura informatica che rende il tutto possibile.
Blockchain e smart contracts
Il protocollo Ethereum, ad esempio, è come una gigantesca rete di computer dove tutti i partecipanti sono in accordo sullo stato dei dati in tutta la rete. Ether è la criptovaluta sulla blockchain di Ethereum, che viene utilizzata per creare le transazioni che modificano lo stato dei dati. Quando si trasmette una transazione si offre anche una piccola quantità di Ether, che fornisce un incentivo per un altro computer nella rete per eseguire la transazione. Questa è chiamata gas fee, che concettualmente è simile al pagamento di risorse di cloud computing (ad esempio Amazon AWS).
Solitamente, quando si costruisce un’applicazione web, si scrive del codice e lo si distribuisce su un server centralizzato come AWS. Per un’app decentralizzata sulla blockchain il codice di backend è contenuto in uno smart contract. Quest’ultimo può regolare il comportamento e le interazioni tra più account.
Applicazioni decentralizzate
Una app decentralizzata (dApp) ha anche bisogno di un front end, che può essere costruito come un normale sito web, tranne per il fatto che l’autenticazione dell’utente funziona in un modo completamente diverso. A differenza del Web2, l’utente finale possiede tutti i suoi dati, non c’è bisogno che lo sviluppatore raccolga un nome utente e una password. L’utente finale possiede un indirizzo pubblico per il proprio portafoglio, che può ricevere pagamenti, e una chiave privata che può firmare le transazioni per inviare pagamenti a qualcun altro. L’utente può collegare il proprio portafoglio a un plugin per il browser, come ad esempio Metamask, mentre una app può interagire con il portafoglio di quell’utente.
Esistono soluzioni centralizzate, come ad esempio i CEX (Centralized Exchange), che agiscono come le piattaforme legacy web2, ovvero tramite la registrazione degli utenti all’interno di un database proprietario. L’integrazione con smart contract fa dialogare la piattaforma proprietaria con la blockchain al fine di compiere diverse azioni.