La trasformazione digitale è come il sesso da adolescenti.
Tutti ne parlano, nessuno sa come farla, ma tutti pensano che gli altri abbiano già fatto molta più esperienza.
Nella confusione generale, il significato si è fatto abbastanza fumoso. Grazie anche a un certo tipo di consulenti tutti Power Point e poca sostanza.
La “Trasformazione Digitale” è diventata the-ultimate-buzz-word. La parola che va di moda ma che nessuno sopporta più.
Ma perché sta succedendo questo – e come si può parlare di questo argomento senza scottarsi?
Ma perché la digital transformation è così incompresa?
Innanzitutto, è poco capita. E come in altri casi, l’ignoto fa paura e genera repulsione. Questa storia si è replicata più e più volte nel mondo tecnologico:
- Marketing Automation? Fuffa.
- I social network? Non dureranno.
- L’e-commerce? In Italia non può funzionare.
- Software-as-a-Service? Da noi è andata sempre bene anche senza.
E poi a un certo punto la tua azienda è in perdita e devi vendere tutto per pagare gli stipendi.
Il termine in sé, comunque, non aiuta. “Digital” è probabilmente la parola più abusata del ventunesimo secolo. “Transformation” fa pensare a mutazioni e cambiamenti che suggeriscono aberrazioni piuttosto che storie di successo e riuscita.
La difficoltà successiva è connaturata alla trasversalità della sua applicazione.
Parliamo di sales? Bene, eccoti il responsabile vendite.
Parliamo di tecnologia? Ottimo, contatta il responsabile IT.
Parliamo di processi? Perfetto, chiama il responsabile operations.
Parliamo di ridefinire la strategia aziendale, il rapporto con i collaboratori e clienti, il modo in cui prendiamo decisioni, e il modo in cui fissiamo obiettivi? Ehm…
Proprio perché, sopratutto in Italia, le aziende funzionano a silos, con decisori verticali, e poca\nessuna integrazione tra reparti diversi. Un’attività invece olistica, che trasversalmente costringe funzioni diverse a lavorare insieme, mette in crisi. Viene ostacolata.
Questa però è anche la grande forza di un processo di trasformazione digitale ben applicato. Permette di rinascere in versione potenziata.
Quindi come possiamo parlare di trasformazione digitale in modo positivo?
Al netto della possibilità di trovare un termine migliore (e se qualcuno ha idee, lo faccia sapere), possiamo comunque farci portatori sani di digital transformation, evitando il rumore bianco e focalizzandoci sul risultato. Ecco un po’ di suggerimenti:
1.Parliamo del risultato prima ancora che del processo. Focalizzarsi eccessivamente sulla parte complicata di un iter fa perdere di vista la bontà del risultato finale e non incentiva un approfondimento. D’altra parte gli imprenditori hanno poco tempo per definizione e alla fine quel che conta è l’utile alla fine dell’anno. Eppure ci sono centinaia di casi di studio concreti, evidenze statistiche e quantitative che rendono appetibile rendere la propria azienda un top player nell’ecosistema digitale.
2.Usiamo i termini tecnici e specifici, ma no come uno scudo. Molte volte ho visto consulenti e professionisti trincerarsi dietro acronimi e tecnicismi per nascondere la scarsa esperienza a riguardo di un processo. È corretto usare la terminologia appropriata ma rendendola accessibile al nostro interlocutore, così come allo stesso modo attivare il radar per scovare quando qualcuno nella stanza sta usando termini inappropriati. Oppure possiamo bandirli del tutto dal nostro vocabolario come ha fatto Elon Musk (ASS – Acronyms Seriously Suck – Elon Musk)
3.Digital Transformation – Parliamone di meno, facciamone di più. Ok questo potrebbe essere uno slogan hippie, eppure riassume molto bene il mood e il senso di quest’articolo. Creiamo business che funzionano. Comprendiamo a fondo i nuovi bisogni dei clienti e del nostro mercato. Comprendiamo le novità tecnologiche e usiamole per risolvere problemi reali. Parliamo dei risultati e dei cambiamenti che abbiamo portato, dati alla mano. Questo aiuterà a rendere la trasformazione digitale un oggetto concreto e non un essere mitologico di cui tutti parlano ma che nessuno ha avvistato mai.
Affrontare un contesto in evoluzione a una velocità superiore alle nostre capacità di controllo non è necessariamente un male: è un nuovo modo di lavorare in modo creativo e sperimentale, e può essere una fonte di energia rinnovata e soddisfazione.