Come funzionano nella pratica le CER, Comunità Energetiche Rinnovabili

Scopriamo le tecnologie che permettono di produrre, misurare, distribuire, conservare e consumare l’energia in queste comunità

L’acronimo CER è diventato ormai di uso comune nel settore dell’energia. Il rinnovato interesse per le tematiche ambientali e più pragmaticamente il caro-bollette lo hanno reso di attualità anche tra i media mainstream.

Stiamo parlando delle Comunità Energetiche Rinnovabili, gruppi di soggetti associati tra loro per ottimizzare produzione e consumo di energia autoprodotta da fonti rinnovabili.

Questa prima, semplicissima, definizione, racchiude già la necessità di fare alcuni chiarimenti.

Soggetti: parliamo di abitazioni monofamiliari, condomini ma anche piccole e medie imprese, comuni e enti locali, enti religiosi, enti di ricerca, infrastrutture sportive, scolastiche, ospedaliere. É anzi ipotizzabile che con il diffondersi della tecnologia sarà sempre più comune vedere CER formarsi nei contesti più disparati.

Energia autoprodotta da fonti rinnovabili: la caratteristica primaria di una Comunità Energetica Rinnovabile è per l’appunto la produzione di energia da fonti rinnovabili. Parliamo tipicamente di energia eolica e fotovoltaica, sebbene a priori non si possa escludere l’intero novero delle FER (Fonti Energetiche Rinnovabili). Si parla invece di autoproduzione in quanto le CER si dotano di apposite tecnologie atte a produrre energia elettrica in loco.

Autoconsumo: in una CER l’energia elettrica prodotta viene condivisa tra le diverse singole entità che compongono, che la utilizzano liberamente per i propri consumi ordinari. Affinché questo avvenga però è necessario che i soggetti siano connessi alla medesima cabina primaria. Questo passaggio è di grande importanza in sede di progettazione, in quanto è necessario verificare che i punti di connessione siano inclusi nell’area sottesa alla stessa cabina primaria.

La condivisione dell’energia all’interno di una CER viene convenzionalmente definita “virtuale” in quanto ciò che è rilevante per il sistema energetico è che i flussi di energia in entrata e in uscita (prodotto e consumato) nella rete siano consistenti, non che fisicamente gli elettroni prodotti in seno alla CER siano fisicamente in essi consumati.

CER – una panoramica

L’origine comunitaria

Le CER sono state introdotte a livello comunitario con la direttiva EU 18/2001.

Tale direttiva, generalmente conosciuta come RED – Renewable Energy Directive II, ha introdotto le REC – Renewable Energy Communities, ossia le CER secondo la definizione anglosassone e internazionale. Talvolta, anche semplicemente EC, Energy Communities. Per semplicità e per evitare il proliferare di acronimi, nel resto dell’articolo sarà usato comunque l’acronimo CER e la versione estesa Comunità Energetica Rinnovabile, nella forma italiana corrente.

Questa direttiva definisce le CER come uno schema di autoconsumo locale da fonti rinnovabili. Viene anche definito il soggetto tipico che opera all’interno di una CER, il prosumer.

I prosumer

Prosumer è il soggetto che, facente parte di una CER, partecipa alla produzione, stoccaggio e vendita della quota di energia autoprodotta dalla stessa CER, a condizione che ciò non costituisca l’attività professionale abituale del soggetto.

Il termine, particolarmente azzeccato in quanto unisce sia il tema di produzione e consumo, ma crea anche una contrapposizione tra Pros- e Cons-, nasce nei primi anni ’70 proprio associato al contesto dell’autoproduzione di energia elettrica e da lì massivamente diffuso. Oggi il termine è una delle parole chiavi usate nel contesto delle CER.

Secondo le stime di E-Distribuzione, oggi sono oltre un milione i prosumer connessi alla rete, rappresentando una capacità complessiva superiore ai 30 GW.

Oltre 245’000 gli allacci effettuati, che posizionano l’Italia tra le nazioni con la maggior crescita per quanto riguarda le connessioni CER.

Le CER nel contesto legislativo italiano

Se alla direttiva comunitaria EU 18/2001 va riconosciuto il merito della definizione formale, le CER si sono formate e hanno in qualche modo proliferato organicamente sin dalla prima decade degli anni 2000.

Per la legge italiana, le CER sono entità giuridiche a tutti gli effetti. Pertanto la CER dovrà dotarsi di figure formali al suo interno (tra le quali spicca il Referente, ossia il soggetto che ha l’onere della rappresentanza legale della comunità) e di uno statuto.

La costituzione della CER prevede l’adempimento e il rispetto di diversi criteri sia formali sia tecnico-attuativi. Rilevante la necessità di dotarsi di uno Statuto che al pari di uno statuto aziendale ne tratteggi scopo, modi, mezzi e finalità.

La costituzione della CER spesso va di pari passo con lo sfruttare finanziamenti e agevolazioni di natura locale, nazionale, internazionale, quali ad esempio le risorse PNRR.

Gli enti normativi primari nel nostro paese sono il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), e l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambienti (ARERA). Il testo di riferimento è il Testo Integrato dell’Autoconsumo Diffuso (TIAD).

Il contesto legale, normativo, finanziario, operativo nel quale operano le CER è in costante aggiornamento oltre che incredibilmente vasto. Per una trattazione esaustiva delle tematiche legate a costituzione, incentivi, e modalità di consumo, si rimanda al sito istituzionale del Gestore Servizi Energetici, GSE.

L’autoconsumo diffuso

Peculiarità delle CER è quella di permettere l’autoconsumo diffuso. Mentre l’autoconsumo prevede una relazione biunivoca tra produttore e consumatore (ad esempio, l’impianto fotovoltaico sul tetto alimenta le apparecchiature dell’abitazione sottostante), l’autoconsumo diffuso prevede il consumo tra soggetti all’interno della medesima configurazione elettrica, ma non necessariamente lo stesso punto di consegna (POD).

In affiancamento all’autoconsumo, le CER possono naturalmente scambiare l’energia con la rete energetica nazionale. In tal caso chiedendo di aderire al servizio di Ritiro Dedicato (RID) o allo Scambio Sul Posto (SSP). Le due modalità a oggi sono alternative. Tuttavia la velocità di aggiornamento dello scenario tecnico-regolatorio potrebbero rendere obsoleta questa affermazione nel prossimo futuro.

Le tecnologie abilitanti

Una delle sfide principali insite nell’attivazione di una Comunità Energetica Rinnovabile riguarda la convergenza sinergia delle tecnologie che occorrono per renderle attuabili. Queste tecnologie attraverso l’intera filiera dell’energia, dalla fase di progettazione a quella di sviluppo, generazione, storage, distribuzione, misura, fatturazione etc.

L’ulteriore sfida è data dal fatto che il contesto attuativo spesso riguarda realtà avulse da tali tipologie di attività, come abitazioni di privati, società agricole, istituti religiosi e sportivi. Insomma realtà che prettamente vivono la fornitura di energia come consumatori netti e non come parte attiva del ciclo produttivo.

L’attività di R&D

Come citato poco sopra, lo spunto attuativo e regolatorio per le CER ha matrice comunitaria. Le CER vengono quindi viste come uno strumento necessario al raggiungimento degli obiettivi di produzione energetica noti gli obiettivi di decarbonizzazione fissati per l’ambizioso Net Zero.

L’attività di Ricerca & Sviluppo ha svolto e sta svolgendo senz’altro un ruolo di prim’ordine nella realizzazione di questo ambizioso piano, impattando anche le CER.

In Italia lo stream di ricerca è stato portato avanti prevalentemente da GSE (Gestore dei servizi energetici) e l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), i quali,  su indicazioni del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), hanno lavorato alla stesura del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) di cui rimandiamo al testo integrale.

L’incremento delle FER per il nostro paese è assai rilevante. Riprendendo le parole di Michele Benini, Direttore dell’Energy Systems Development Department presso la Ricerca sul Sistema Energetico – RSE SpA, già diffuse da E-Distribuzione un ruolo chiave spetterà a fotovoltaico ed eolico.

L’incremento atteso è di oltre il 300% rispetto ai valori 2022 per il fotovoltaico, e di oltre il 200% per l’eolico, rispetto ai valori 2022 registrati a 25 GW e 12 GW rispettivamente.

La sostenibilità ambientale

In questo contesto risulta quindi assai rilevante l’affiancamento delle attività di ricerca “dure” (tecnologie, infrastrutture, materiali, hardware) a quelle “morbide” ossia legate al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità, energia verde, e tutela dell’ambiente.

Un tema non così ovvio come parrebbe, in quanto inserito in un dibattito anche politico estremamente polarizzato e che persegue sovente ideali piuttosto che risultati puntuali e reali soluzioni concrete.

Il rischio è che il consumatore finale prossimo prosumer, il vero, non dimentichiamo, investitore poi nelle CER, si ritrovi spaesato e confuso, incentivato piuttosto a perseguire una attendista logica NIMBY invece che fattiva e pionieristica come sarebbe probabilmente d’uopo.

La rete di distribuzione

Abbiamo già avuto modo di saggiare, anche empiricamente, lo stato di stress a cui è sottoposta la rete di distribuzione. L’aumento delle connessioni, dei consumi, della capillarità dei servizi energetici va causando innumerevoli colli di bottiglia nella rete di distribuzione.

Innegabilmente il diffondersi di realtà come le CER, dei veri poli produttivi collocati in zone strutturalmente di consumo, non può che aumentare il carico e lo stress su una infrastruttura spesso già satura a livello di capacità.

In questo caso un ruolo di primo ordine è svolto da ARERA e dal CEI (Comitato Energetico Italiano), oltre che dai grandi e primari operatori nazionali della rete di distribuzione, i DSO (Distribution System Operator). Questi da non confondere invece con i TSO (Transmission System Operator). In Italia annoveriamo oltre 125 DSO, mentre un unico TSO (Terna SpA).

L’adeguamento della rete, per l’intensità anche economica richiesta, è uno dei temi principali previsti e coperti dal ben noto PNRR. Tale piano prevede infatti un investimento dedicato al rafforzamento delle reti di distribuzione da 3.61 miliardi di Euro.

Il processo di digitalizzazione dell’infrastruttura sarà certamente un pilastro fondante per l’evoluzione delle CER per abilitare sostanzialmente i nuovi prosumer a erogare servizi che prima erano appannaggio dei poli di produzione.

Il principale DSO italiano segnala di aver dovuto gestire oltre due milioni di interazioni a livello utente finale per i servizi di Customer Care legati alle oltre 350’000 richieste di nuove connessioni pervenute su base annuale.

La rete sta compiendo una trasformazione verso una smart grid che opera come una piattaforma con spiccate funzionalità di self-care. Uno strumento quindi ambivalente e proattivo che permetta con agilità di collocare nuovi impianti produttivi e di gestire la numerosità crescente di scambi e interscambi intercorrenti a livello locale.

Fintech

Altro ambito rilevante propedeutico alla diffusione delle CER è quanto riguardi la gestione dei pagamenti, contributi, fatturazione. Questo inteso sia nei loro processi standard – di natura fiscale, legale, finanziaria – che in quelli tecnologici. Pensiamo infatti alla necessità per una Comunità Energetica di poter e saper fatturare i propri corrispettivi e gestirne i relativi flussi di cassa.

In Italia il tema si è inserito in un contesto già sotto pressione per via delle criticità date dal Superbonus 110%. Ha tentato di fare chiarezza Agenzie delle Entrate con la circolare 3/E/2022, che dedica una intera sezione alle CER.

Ulteriormente a questi aspetti macro, ve ne sono molteplici altri di dettaglio che riguardano ad esempio la tariffa premio riconosciuta dal GSE, le tariffe incentivanti previste dal MISE, le sovvenzioni stesse previste dal PNRR.

Il tema della gestione dei pagamenti ha disegnato anche una serie di nuovi bisogni e necessità, che diverse realtà innovative e startup stanno aggredendo e tentando di risolvere sia sul territorio nazionale che comunitario.

Sviluppo di impianti di produzione rinnovabile e micro-produzione

Anche se le CER sono prettamente associate a impianti di produzione fotovoltaica (c.d. “pannelli”), secondo la direttiva qualsiasi tipologia di impianto alimentato da fonte rinnovabile si presta ad essere inserito come fattore produttivo in una CER.

Possiamo quindi annoverare idroelettrico, eolico, biogas, biomasse solide, etc. Resta certamente palese come la prossimità con un impianto di acqua corrente per alimentare un sistema di generazione idro marginale rispetto alla diffusione ormai capillare del pannello fotovoltaico.

Tuttavia il campione resta di interesse anche per apprezzare casi di CER con forte connotazione territoriale che hanno visto sfruttare ad esempio l’energia geotermale del sottosuolo.

L’innovazione tecnologica in tale settore è una leva trainante.

Le principali innovazioni

  • Efficienza dell’impianto (capacità generativa a dispetto delle dimensioni ridotte per il funzionamento in un contesto urbano e domestico).
  • Durabilità dell’impianto e manutenibilità, così che sia agevole sostenerne il costo iniziale e programmarne la manutenzione, avendo anche un riscontro sul territorio da parte degli operatori qualificati in grado di operare sugli stessi.
  • Flessibilità produttiva, per fronteggiare almeno in parte l’inevitabile produzione discontinua delle rinnovabili. Questo significa avere pannelli con cellule più sensibili, che risentano il meno possibile di effetti disturbanti come pulviscolo e pioggia, in grado di recepire le irradiazioni di rimbalzo (cellule a doppia facciata).
  • Modifica tecnologica per permettere installazioni flessibili. Ad esempio stiamo assistendo al proliferare di pannelli eolici da giardino (a guisa di palizzata, o come pensiline), micro-pale eoliche per tetti di edifici o zone agricole, sistemi di generazione idro adatte anche a modesti corsi d’acqua.

Anche a livello globale i principali innovation hub accademici e aziendali stanno spingendo per proporre nuove soluzioni di produzione di energia rinnovabile su scala ridotta. Qui alcuni degli esempi più recenti

Il driver che sostiene tale innovazione è certamente la domanda di mercato.

Qualche dato sull’Italia

Forte di oltre 1.3 milioni di impianti installati, l’Italia si pone come il quarto produttore di energia energetica fotovoltaica in Europa (dopo Francia, Spagna, Germania). Regione regina la Puglia, che da sola vale il 15% della produzione solare nazionale, con Bari che registra 24 impianti per chilometro quadrato.

Chiude la classifica Genova con un pur dignitoso numero di 5 impianti per chilometro quadrato.

Quel che però risulta di interesse è la crescita del settore, vicina al +10% su base annua secondo le stime del GSE.

Sistemi di accumulo energetico

L’energia elettrica può essere accumulata e conservata mediante batterie di accumulo, talvolta definite come energy storage.

Tralasciando per semplicità il funzionamento tecnico (che per sommi capi le paragona a grandi pile, o se preferibile alle batterie di una automobile endotermica o ancor meglio elettrica), le batterie di accumulo sono un elemento rilevante per il corretto funzionamento delle CER.

Grazie a sistemi di accumulo infatti, l’energia prodotta da un impianto da fonte rinnovabile e non utilizzata subitamente può essere conservata e utilizzata in un secondo momento. Un caso tipico riguarda l’utilizzo notturno di energia prodotta mediante pannelli fotovoltaico durante le ore di massimo irraggiamento.

Oltre all’ovvio beneficio temporale, un impianto di accumulo permette anche di stabilizzare la rete domestica, garantendo la continuità della fornitura elettrica in caso di temporanea mancanza di alimentazione. Un aspetto che diventa ancora più preponderante in contesti lavorativi o SoHo.

Gli impianti di accumulo energetico moderni sono gradevoli nel design e integrano spesso soluzioni di domotica, efficienza energetica o intelligenza artificiale, permettendo quindi l’evoluzione della fornitura domestica nella sua interezza.

Il punto debole di tali infrastrutture è a oggi il costo relativamente alto confrontando a una durata relativamente breve (lifespan massimo di circa 10 anni). Tuttavia anche queste applicazioni sono spesso coperte da incentivi in materia di efficienza energetica.

Decentralizzazione

Una ovvia conseguenza della diffusione delle CER è la decentralizzazione della logica di produzione di energia. La rete energetica è stata pensata per avere un numero discreto di poli di produzione (le centrali elettriche), un numero di punti di interconnessione sommariamente stabile nel lungo periodo, e numerosi punti di prelievo.

Tutti questi punti di input e output hanno avuto fin qui caratteristiche di prevedibilità statistica. Ma le CER e la diffusione delle rinnovabili introducono fattori aleatori su larga scala che occorre gestire con una modifica a più livelli della logica con la quale funziona il sistema energetico, e più nello specifico il dispacciamento.

Le CER creano punti di immissione ovunque sul territorio, di modesta capacità ma con scarsa prevedibilità e anche scarso set informativo a corredo.

Non vi è un monitoraggio in real-time di produzione e consumo dell’intero territorio, e oltre a questo l’impatto dei lavori in corso (nuove installazioni, manutenzioni) rendono il quadro costantemente incerto.

Un sistema di gestione della rete decentralizzato può beneficiare di:

  • Logiche di demand-response (scopri i dettagli nel nostro articolo-tutorial).
  • Strumenti di bilanciamento automatico della rete (ad esempio cap a sistemi non emergenziali di consumo, come impianti di condizionamento in centri commerciali o uffici).
  • Strumenti di manutenzione predittiva della rete e analisi in tempo reale dei carichi.
  • Device IOT & IIOT per recepire consumo e produzione degli impianti, delle abitazioni, dei poli produttivi decentralizzati.

Interconnessione con l’ecosistema elettrico

Le CER possono anche fungere da attivatore o da catalizzatore di altri processi a monte e a valle della filiera energetica, grazie all’alto grado di automazione tecnologica che richiedono per la loro implementazione e gestione.

Pensiamo a tutto quanto riguardi la mobilità elettrica e quindi sia la ricarica dei rispettivi veicoli, ma anche l’utilizzo dei veicoli stessi in sosta come strumenti di stoccaggio energetico temporaneo (vehicle to grid).

CER – alcuni esempi

Numerosi sono già i progetti di CER attivi sia nel mondo, che in Italia.

Tra questi ultimi, citiamo:

Su scala internazionale invece citiamo Brooklyn Microgrid, uno dei progetti pionieri nel contesto delle microrinnovabili in ambiente urbano.

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